Da alcun tempo in qua, come sanno i miei amici, capita che io prenda le difese – per mio inguaribile temperamento altruistico  e/o per sensibilità democratica e riformistica – dei professori idonei [all’insegnamento universitario] non assunti, denunciando un’anomalia (grande quanto cento case) della prassi, ma anche della legislazione universitaria: si caricano di plurisupplenze annuali eserciti di ricercatori (costretti a insegnare anche quello che non sanno e a non fare quello per cui sono pagati, cioè la ricerca scientifica) o si coprono, per risparmiare(!), insegnamenti di materie fondamentali rimasti vacanti con operazioni di maquillage accademico (quali il cambio da un settore disciplinare “parziale” a uno “”generale”), mentre manipoli di studiosi che hanno superato un difficile esame di idoneità e che arricchirebbero, con la loro scienza acclarata, l’Università e gli studenti, sono costretti a fare i professori in scuole secondarie di provincia o – peggio – i camerieri in Olanda.

Ebbene, confesso che non ho avuto, in questa mia democratica, riformistgiusepperando.itica presa di posizione, alcun attestato di solidarietà da parte dei miei colleghi messinesi: in provincia, più che altrove, il silenzio è ancora (dopo settant’anni di democrazia) d’oro. Anzi, per il colmo dei colmi, due di loro, non particolarmente eccellenti ma dotati et pour cause di un certo potere accademico, hanno preso cappello e mi si sono scagliati contro (si veda al mio blog www.giusepperando.it), blaterando che proprio io, per avere preso le difese dei professori abilitati non assunti, andrei «contro l’Università», parlerei «male dell’Università» e sarei «fuori dalla realtà» e/o «menzognero».

In verità, io qui, da solo (purtroppo), a Messina, conduco una battaglia che è in corso in tante altre sedi universitarie meno silenziose. Tanto che è addirittura nato l’Osservatorio Indipendente Concorsi Universitari, posizionato in un portale aperto nel social media Academia.edu, molto utilizzato nel mondo della ricerca.

Esso intende, democraticamente e riformisticamente «rendere noti – cito – i concorsi banditi per dare pubblicità a ciò che è già pubblico, con l’obiettivo finale di cambiare la legge sui concorsi stessi» ma manifesta, nel contempo, «grande insoddisfazione […] per l’irrisolta questione degli abilitati che non vengono poi chiamati dalle Università e vanno ad affollare la platea degli idonei non assunti» [il corsivo è mio].

Sono, dunque, io «contro l’Università» e «fuori dalla realtà» o i due colleghi gelosi del loro meschino potere accademico?

Mi aspetto, invero, una medaglia al valore universitario, civile (e democratico).

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