Vogliamo dirla a littri ranni (a lettere grandi, per i parigini), papale papale? Diciamolo: per me – e non solo per me – la politica è «l’arte del possibile», perciò io non sono né integrato nel sistema a tal punto da non vederne gli enormi difetti né apocalittico al punto di sognare l’impossibile (senza fare i conti con la realtà) e abbaiare alla luna, mentre i ladri rubano indisturbati.

Ovviamente, da vero democratico (fin nei cromosomi), riconosco che ognuno ha il diritto di esprimere le proprie idee, anche quelle che io non condivido, e, come Voltaire, sarei pronto a dare la vita perché ognuno possa esprimerle liberamente. Ma devo dire, con altrettanta franchezza, che non smetto di meravigliarmi nel constatare come certi miei amici, che stimo e a cui voglio bene, scelgano di votare per il centrodestra o per i grillini.

Ma come si fa – mi capita spesso di dire – a votare ancora per il partito di un tizio che, oggettivamente, negli ultimi ventitré anni, non ha mai fatto niente (niente!) per gli italiani e tutto (tutto!), invece, per le sue aziende, per sé stesso, per igiusepperando.it suoi figli (meno male) e per il bunga bunga?

Ma come si fa a votare ancora per il partito (una coalizione di partiti, invero) di uno che ha sdoganato e continua a sdoganare i fascisti con il loro abituale corredo di razzismo, oscurantismo, bellicismo? Ma come si fa a votare per il partito di uno che è, per giunta, plurinquisito e che, in qualche processo, è stato già condannato nel terzo grado di giudizio? Per non dire del suo alleato Matteo Salvini, che da sempre insulta i meridionali e poi cerca (e ottiene!) i loro voti. Ma poi, se qualcuno dei miei amici fosse un plurimiliardario, lo capirei: voterebbe per un partito che difende gli interessi della sua parte. Nessuno, però, dei miei amici è plurimiliardario, come non lo sono le migliaia e migliaia di siciliani, di meridionali, di italiani che sono in procinto di votare per il partito di un plurimiliardario non immacolato che fa solo i suoi interessi.

Ragione e senno vorrebbero, invero, che in democrazia ognuno difenda legittimamente i propri interessi: quindi, i ricchi conservatori (dei loro privilegi) a destra e i poveri cristi che non si rassegnano all’ingiustizia, a sinistra, con i progressisti. Ma qui tutto si capovolge e chi vuole (o dovrebbe volere) il cambiamento, per dare pane e lavoro a sé e ai suoi figli, vota per chi vuole che tutto rimanga com’è (o che si torni, addirittura, indietro): «Cose ‘e pazz»(direbbero a Napoli).

Solo una cosa salva, tuttavia, ai miei occhi, i miei amici che voteranno per il centro destra: la loro buonafede incrollabile, ancorché incredibile.

Alla stessa maniera, non non è raro che io mi chieda: come fa qualcuno dei miei amici (dotto, colto, professionista serio) a votare per i grillini? Lo capirei, se si trattasse di un/una giovinetto/a di primo pelo, che non sa – non può sapere – quanto sia complessa la storia – e la storia degli italiani in ispecie -, quanto sia difficile e stentata la strada (tuttavia insostituibile) della democrazia, quanto ferree siano le leggi dell’economia, quanto faticosa sia la mediazione di interessi contrapposti e legittimi in una società avanzata, multipolare, fluida come la nostra, e quindi abbocca alle semplificazioni, alle facilonerie, alle profezie, ai proclami miracolistici di Grillo e dei suoi compari di cordata.

E ancora mi chiedo: come fa un uomo adulto, colto, dotto a credere che un “pullanchellu” come Di Maio, assolutamente inesperto di lavoro e di economia, del tutto privo di  una cultura politica alle spalle (se non quella, dichiaratamente fascista, del padre), ignorante di storia, di geografia, di grammatica, di tutti i saperi insomma, possa governare una nazione avanzata e difficile come l’Italia (che non è un paese del terzo mondo; che progressi ne ha fatti – e tanti – dopo la caduta del fascismo, sulla via della giustizia sociale, dell’avanzamento economico, della diffusione della scuola e della cultura ecc. e che tanta altra ne deve fare, restando in Europa coi migliori)? Ma come si fa?

Altro discorso mi capita di fare per quelli dei miei amici che decidono di votare per la sinistra sinistrese, per l’ultra sinistra, per la sinistra cachemire che dir si voglia. Qui sospendo il giudizio, non mi meraviglio: constato soltanto che hanno tutti in comune una fede – fede vera e propria – nell’ideologia marxiana e in quelle formule ottocentesche (lotta di classe; padroni, classe operaia ecc.) che la storia ha vanificato, ma a cui essi credono. E la fede non si discute.

Sono tuttavia convinto che non supereranno il 5%, che danneggeranno la sinistra possibile oggi, che daranno indirettamente una mano a Berlusconi, a Salvini, a Melloni e a Grillo. Ma non metto lingua: ‘u piaciri du sceccu è a ramigna: «Honni soit qui mal y pense».

Io voto PD, Partito Democratico (di sinistra), come ho sempre fatto, non perché sia senza macchia (la perfezione non è di questo mondo), ma perché credo non ci sia di meglio. E mi dispiace solo che, a Messina, pare che stavolta lo voterà, per puro opportunismo, anche qualche collega fascistoide, culturalmente arretrato e più incline a coltivare i suoi interessi che quelli della collettività. Ma, con questi chiari di luna, “a caval donato non si guarda in bocca”.

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