Ritorno – per mio inesauribile istinto pedagogico – al vecchio proposito di dare, di tanto in tanto, notizia di libri miei o da me curati, ricordando a) la monografia su “Corrado Alvaro narratore. L’officina giornalistica” (Falzea Editore), b) il recente saggio “Corrado Alvaro narratore tra sperimentalismo denuncia e profezia” (Rubbettino Editore), c) l’introduzione alla prima raccolta di novelle di Corrado Alvaro, “La siepe e l’orto” (Iiriti Editore”), da me curata, d) l’introduzione a “Gente che passa” (Rubbettino Editore) che raccoglie “cinquantotto splendidi racconti” novecenteschi (non solo calabresi) dello stesso Alvaro, da me raccolti nelle pagine ingiallite di tre quotidiani – “Il Mondo”, “La Stampa”, “Il Corriere della Sera” – e riproposti per la prima volta in volume, con un’ampia introduzione: sono racconti, praticamente inediti, di uno dei più grandi scrittori del Novecento, che – garantisco – vale la pena di leggere.
Si tratta, ad ogni modo, di libri non pleonastici che onorano – credo di poter dire – la critica, la ricerca scientifica e, forsanche, l’Università di Messina.
Non per niente, Alvaro – con Alfieri, Leopardi, Verga, Pirandello, Pascoli, Quasimodo, Boner, Cesareo, Spaziani, Calabrò – pare costituisca uno dei miei fiori all’occhiello.
E mi chiedo se non sia anche, questo, un ulteriore modo di prendere le distanze dalla selva arcinota di plagi, familismi, servilismi, filologismi e impressionismi critici che impregnano certe “scuole” accademiche.+







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