Ieri sera ho trascorso una piacevolissima serata con amici e amiche attorno a una tavola imbandita: gustosissime pietanze, brindisi colmi d’allegria e d’ironia, racconti di vita vissuta, aneddoti arguti, notazioni letterarie ecc.
Mi ha, però, colpito il giudizio d’una cara amica, persona intelligente e sensibile, acculturata, laureata nei primi anni Ottanta, se non ho capito male, presso la gloriosa Facoltà di Lettere di Messina: «Noi sì; Mariella invece non viene dall’Università – ha detto – ma dal Magistero, cioè [testuale] dal regno di Mazzarino».
Non era la prima volta, invero, che mi capitava di sentire un simile sproloquio. Erano talvolta le stesse professoresse laureate al Magistero a profferirlo: avevano introiettato il punto di vista di chissà chi e si dichiaravano, con nonchalance, figlie di un dio minore. Ma, ad essere sincero, mi sembrava che la diceria, col tempo, si fosse esaurita per autoconsunzione.
Ho dovuto però prendere atto del fatto che, alla fine del 2017, ci sono ancora, a Messina e nella provincia messinese, persone colte, ma talmentegiusepperando.it frastornate [dalla propaganda?] da ritenere che il Magistero non sia stato l’Università, ma una sorta di possedimento privato, dotato di extra territorialità (un «regno»), di cui sarebbe stato proprietario assoluto un certo Mazzarino. Ora, ironizzare sulla personalità di un barone, non immune, come tutti i baroni del suo tempo, da pecche baronali, può essere gradevole, ma in questo caso non c’era ombra alcuna d’ironia o di sarcasmo, bensì convinzione assoluta, declamata ore rotundo.
Cose – davvero – da pazzi: una diceria, una maldicenza, un luogo comune (chiamiamolo come vogliamo) finisce, a Messina, con l’imporsi fino al punto di negare la realtà più ovvia: che cioè il Magistero fu, a tutti gli effetti, una Facoltà dell’Università di Messina come la Facoltà di Lettere, di Scienze, di Medicina, di Giurisprudenza ecc. (oggi Dipartimenti di ecc.), con i difetti (ovviamente) e i pregi (qualcuno in più, casomai) di tutte le altre Facoltà dell’ateneo messanensis.
Né si tratta di una svista insignificante, casuale o irrilevante: è casomai la conferma, se ce ne fosse bisogno, della forza dell’ideologia che può talora diventare luogo comune e imporsi a dispetto della logica e della verità (tra parentesi: lo ha insegnato Karl Marx, che per primo ha sconfessato l’ideologia come “falsa coscienza”).
In principio, c’è stata la riforma gentiliana della scuola, la quale, secondo i postulati della cultura e della filosofia neo-idealistica, vedeva nel Liceo classico il maximum della scuola superiore, nonché il viatico unico per l’Università. Ne discendeva, tra l’altro, che le scuole scientifiche, tecniche, industriali, magistrali fossero considerate gerarchicamente inferiori al Liceo classico (che formava i futuri professionisti), atte cioè a preparare i giovani (delle classi subalterne, ovviamente) ai vari mestieri. In questa ottica, durante tutto il fascismo (che delle gerarchie faceva uno dei suoi perni) e nel successivo ventennio democristiano, l’Istituto Magistrale, finalizzato com’era alla formazione delle maestre e dei maestri della scuola elementare, veniva considerato una sorta di Liceo di serie B. E, di conseguenza, la Facoltà di Magistero, che era destinata ad accogliere i diplomati/le diplomate dell’Istituto Magistrale, veniva considerata (e non lo era) una Facoltà di Lettere di serie B, per così dire. La legge che ha liberalizzato l’accesso all’Università, consentendo a tutti i diplomati di iscriversi nella Facoltà di proprio gradimento, a prescindere dal tipo di diploma conseguito, entrò in vigore negli anni Settanta, grazie anche all’iniziativa di Antonio Mazzarino, all’epoca parlamentare del PLI.
Ma a Messina – e solo a Messina, per quel che ne so (non ho mai sentito dire a un romano che la Facoltà di Magistero di Roma, dove insegnò peraltro il grande Petrocchi, non fosse l’Università) – si è diffusa l’opinione che il Magistero fosse non già una Facoltà universitaria magari di serie B (ammesso e non concesso) ma proprio una non Facoltà, cioè altra cosa rispetto all’Università. Accentuava questo errore un altro errore messinese: quello di confondere l’Università col Rettorato e con la struttura architettonica che lo comprende: la Facoltà di Magistero, dislocata in Via Concezione, presso la Villa Mazzini (prima in poche stanze, poi, negli anni Sessanta, ad opera di Antonio Mazzarino, nell’intera, elegante palazzina di stile Liberty) era fuori dell’Università e quindi, in questa sminchionata logica, non era l’Università.
Ora, a me è toccato – chissà per quale strana congiunzione astrale – di conoscere bene, oltre la scorza dell’apparenza, le due Facoltà umanistiche di Messina: dopo aver conseguito la laurea in Lettere (classiche), ho insegnato, con vera passione (pedagogica) e con qualche positivo riscontro, nell’una e nell’altra. Ebbene, mi si lasci dire che la Facoltà di Magistero non fu mai inferiore alla Facoltà di Lettere, per qualità e quantità della ricerca scientifica, per rinomanza e competenza dei professori, per il rapporto professori-alunni, per il numero dei laureati ecc.