Da questa remota provincia, non mi stanco di ripetere che rispetto l’Università come sede privilegiata dalla ricerca scientifica e della libera, intelligente, aggiornata, formativa attività didattica (non già come centro di potere). Epperò continuo a lottare, come e dove posso, da cittadino libero e democratico, insieme con tutti gli intellettuali liberi e democratici, in difesa del suo alto statuto di cultura e civiltà.

Certo, coltivo la memoria di alcuni tra i grandi maestri d’antan che ho avuto il privilegio di frequentare: Giuseppe Petronio, Raffaele Spongano, Giorgio Bárberi Squarotti, Antonio Mazzarino, in primis. E non smetto di proporli agli studenti e ai giovani studiosi come modelli concreti di rigore morale e professionale.

 

ANTONIO MAZZARINO A MESSINA

 

Antonio Mazzarino è stato un grande, grandissimo filologo: la sua magistrale edizione critica teubneriana del De agri cultura di Catone – la più famosa delle sue molteplici opere – hagiusepperando.it fatto davvero scuola in Italia e all’estero. Era padrone della lingua latina come pochi, a tal punto che parlava e scriveva in latino come parlasse e scrivesse in italiano o in siciliano: i suoi epigrammi latini – Scherzi di Antonio Mazzarino, pubblicati a Roma nel 1991 – lo dimostrano ampiamente urbi et orbi.

Certo, ha onorato, con i suoi studi, la città e l’Università di Messina, privilegiando peraltro la trasparenza e la meritocrazia e osteggiando, del pari, ogni scorciatoia: «studiare e pubblicare», questo, per lui, lo «stemma» del vero professore universitario.

Possedeva peraltro un metodo scientifico assolutamente indefettibile, che gli veniva anche dal suo maestro Gino Funaioli, e un’acuta, pronta intelligenza del testo, probabilmente connaturata e certamente irrobustita dalla frequentazione di personalità di grande rilievo intellettuale, quali Concetto Marchesi e Antonino Pagliaro. A ciò si univa, in lui, una straordinaria, insolita attitudine alla ricerca scientifica congiunta con una instancabile capacità di lavoro che gli consentiva di esplorare, senza concedersi soste, ambiti anche reconditi della letteratura latina e – negli ultimi tempi – della letteratura italiana, conseguendo sempre risultati di strepitosa eccellenza (basti pensare ai saggi verghiani, agli studi manzoniani e al saggio boccacciano).

Fu anche preside stimatissimo, per un trentennio, della Facoltà di Magistero, poi Facoltà Scienze della Formazione. È, per tutti, ancora oggi, «il Preside» per antonomasia; unico e impareggiabile, invero.

Fu anche un uomo politico di rilievo nazionale: deputato del Partito Liberale, ma assolutamente svincolato da logiche di partito: narrava della meraviglia/disappunto del suo segretario politico che si chiedeva come mai la Facoltà diretta da un deputato liberale pullulasse di professori comunisti: – Sono i migliori! – rispondeva. Si ricorda il disegno di legge da lui presentato nel luglio del ’68, e poi convertito in legge, per dare la possibilità ai diplomati dell’Istituto Magistrale (e degli Istituti Tecnici) di iscriversi all’Università senza sostenere la prova di idoneità, nonché la proposta di legge per la regolamentazione delle auto blu. Fu nemico di ogni tipo di privilegi, tanto che pagava di propria tasca le spese del telefono, della posta corrente e dei biglietti augurali, divenuti famosi perché scritti in latino.

Un uomo tosto, terragno, concreto, “spertu”, come sono i catanesi migliori, ma non immune, come tutti gli uomini, da difetti. Il che non sminuisce, semmai esalta, i suoi pregi innegabili: entusiasta, affettuoso, sensibile ma anche collerico; altruista e generoso, ancorché non sempre corazzato contro gli abbagli del potere accademico.

Considerò la Facoltà di Magistero di Messina sua figlia (e, per questo amore, rifiutò il trasferimento nell’Università di Roma): morì pochi mesi dopo il suo pensionamento, che visse come un distacco forzato dalla figlia amatissima.

Ma Messina è una citta strana: colta e civile, ma attraversata, talora, da invidie e rancori come un paesone della provincia meridionale.

Certo, soltanto nel 2011, dodici anni dopo la sua dipartita, uno sparuto gruppo di allievi e colleghi di vari settori disciplinari ha potuto – tra mille difficoltà –  offrire ad Antonio Mazzarino un volume di studi in memoriam, intitolato Classico e Moderno. E c’è ancora chi sprizza livore e muore d’invidia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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