Indimenticabile Giorgio: critico senza paraocchi, maestro senza pari, poeta di respiro universale.

Esercitò la critica letteraria con lo stesso rigore metodologico della ricerca scientifica (critica e ricerca furono, di fatto, per lui, due facce della stessa medaglia), rifuggendo dalle scorciatoie ideologiche e/o dai vezzi dell’impressionismo gratuito, del filologismo sterile e del bellettrismo confinante col plagio, talché ogni suo scritto aggiunge chiaramente qualcosa al già detto e incrementa la conoscenza, secondo lo statuto costitutivo dell’Università.

Nonostante i mille impegni di scrittore, di storico della letteratura, di organizzatore culturale, di direttore di collane e di grandi imprese editoriali, non si sottrasse mai ai suoi impegni didattici che onorò sempre senza risparmiarsi, dimostrando il suo spiccato istinto pedagogico. Soleva ripetere che «la nostra è la più bella professione del mondo».

La poesia coltivò lungo tutto l’arco ella sua vita (a partire dai primi Sessanta), scartando lo sperimentalismo e le sirene dell’avanguardia in direzione di un cangiusepperando.itto lungo, epico-lirico, meditativo, di ascendenza leopardiana, che s’incanala preferibilmente nelle forme del poemetto, per ridare voce, anche sulla scorta della Bibbia, ai valori etici, politici, religiosi, filosofici, sentimentali, maturati a contatto con le fasi cruciali della storia del Novecento e trasmessi al lettore con delicata, discreta, ma encomiabile perseveranza. Un poeta destinato a crescere e a durare preso il pubblico dei lettori.

Ma un tratto comune attraversa le tre componenti fondamentali della sua personalità, armonizzandole in un unicum di eccezionale levatura: l’amore della comunicazione e la conseguente dimensione dialogica che connota il suo impegno di critico, di maestro e di poeta.

Ciò posto, non sorprende che Giorgio Bárberi Squarotti sia stato sempre del tutto estraneo a certe meschinerie “baronali” e alle deprecabili liturgie del consociativismo accademico e della cooptazione addomesticata come criterio di selezione del personale docente. Un modello reale, dunque, concreto (non moralistico né idealistico) di uomo, di studioso, di poeta.

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